Scrivere

Ho divorato un migliaio di opere letterarie di vario genere, privilegiando i grandissimi scrittori dell'Ottocento e del Novecento, scelti senza un filo conduttore ben preciso: russi, francesi, mitteleuropei, italiani,sud e nordamericani ...  T.Mann, Musil, Kafka, Roth, Conrad. Stevenson, Tolstoj, Dostoevskij, Bulgakov, Hugo, Proust, Yourcenar, Gadda, Pirandello,  Borges, Pessoa, Saramago, Marquez, Steinbeck, Doctorow,... E ancora i numerosi capolavori  della letteratura greca e latina, e poi  gli "immortali" dei cinque secoli che hanno preceduto il Romanticismo.
La saggistica, poi, mi ha sempre appassionato senza alcuna distinzione di tema o di epoca; ma è troppo lungo l'elenco. Un lettore "disordinato" con una sete insaziabile; certamente disordinato come tanti che come me non avevano interessi specifici e  sono andati alla continua ricerca di "scoperte"
Ho sempre ripreso in mano i libri che avevano lasciato un'impronta o per la "trama" o per lo "stile della scrittura" o per entrambi gli aspetti. Se un libro l'ho riletto da cima a fondo due o  tre volte,  significa che l'opera, a mio parere, era stata ed è "di formazione". Kafka, Conrad, Bulgakov, Saramago  appartengono a quest'ultima categoria.
Ed ecco il problema. Più mi immergevo nella lettura dei grandi mostri della letteratura mondiale e più vedevo il loro livello di scrittura assolutamente unico e inarrivabile. A un certo punto credo che un po'  tutti i lettori "forti" vengano attratti da un'idea che a stento si riesce a respingere: quella cioè di tentare l'esercizio della scrittura. Nonostante sia evidente  che l'illusione di "tentare" fallirà miseramente al primo tentativo.
Eppure... eppure la tentazione fa capolino timidamente ed è difficile resistere.
E' ciò che mi è capitato sei mesi fa, a 69 anni... Ma non certo per tentare la strada dello scrittore per  "gli altri": data la bravura, la fama e l'unanime riconoscimento che venivano riservati alla  schiera dei miei "preferiti", il solo pensiero di scrivere mi faceva vergognare. Ma non riuscivo a rimuoverlo del tutto. E poi perché non provare? Senza pretese, senza ambizioni.
E allora bisognava trovare una "giustificazione" per questa improvvisa follia, per questo mio delirio che, pensavo, mi avrebbe tolto del tempo prezioso che avrei più utilmente dedicato alla lettura.
In primo luogo, avvicinandosi l'età che ci costringe a tracciare un seppure approssimativo bilancio della nostra esistenza, vedevo nell'atto dello scrivere (su di me, i miei genitori, i nonni e altri personaggi conosciuti direttamente o attraverso "racconti e storielle" che avevano   riempito la mia età dell'infanzia e dell'adolescenza ) quasi un dovere verso mio figlio e mia nipotina per fermare con lo scritto l'inarrestabile corsa verso l'oblio. Un modo dunque per far emergere dal  passato quel poco che poteva essere salvato: un vissuto che  si dirigeva ormai a passi lunghi e veloci verso quel territorio nebuloso della dimenticanza, prima, e  della definitiva cancellazione dalla memoria, poi. Minuscole particelle elementari trasfigurate dai ricordi   luccicanti e favolistici dell'infanzia. Poi arriverà l'età adulta, col suo carico di disillusioni e il definitivo addio all'età "dell'oro".
E un po' come effettuare un backup del nostro pc, affidando il salvataggio dei dati a coloro che proseguiranno il difficile cammino dell'esistenza dopo di noi, senza di noi. E ho anche trovato, scrivendo, l'occasione di approfondire quelle pagine di grande letteratura: scrittura e riletture in contemporanea. Se i miei due lettori troveranno un qualche interesse, nel leggere i 14 racconti, avrò speso utilmente il mio tempo.   
     

Commenti