L'inferno assurdo e assoluto, recensione del libro "Kafka ad Auschwitz e l'inganno della libertà"

"Kafka ad Auschwitz  e l'inganno della libertà" di Vasco Ferretti, è un libro che affronta in maniera esemplare alcune tematiche relative alla "Shoah", al nazismo, alla seconda guerra mondiale, ai sensi di colpa sia dei carnefici che di coloro che, pur non approvando la "soluzione finale", nulla fecero o nulla poterono fare. E lo fa con un'opera che si trova a metà strada tra un saggio di storia e un romanzo: la trama narrativa s'inserisce in un periodo storico compreso tra il 1943 e il 1945 che vide il Terzo Reich dissolversi non prima di aver messo in opera una delle più atroci "stragi d'innocenti" che un regime politico avesse mai attuato.
Il romanzo è incentrato sulla figura principale , l'ufficiale dell'ABWEHR Erwin Wolf, che insieme al suo attendente Josef Kostner, ha l'incarico di ottenere il rilascio di Moshe Heyman prigioniero nel campo di Auschwitz. Nello stesso campo di concentramento si trova, in quei giorni, Ottla Kafka, la sorella minore di Franz Kafka, e che preferirà morire piuttosto che abbandonare al loro destino di morte certa un numeroso gruppo di bambini.
Successivamente, morirà assassinato da un fanatico nazista anche l'attendente, Kostner.
Arriva la fine della guerra e l'ex ufficiale Erwin Wolf vivrà i successivi 35 anni con l'idea di vendicare quell'assassinio.
Ma saranno lunghissimi anni tormentati anche dal rimorso di non aver potuto salvare Ottla Kafka.
Ci sono nel bel libro di Vasco Ferretti numerosi riferimenti al dibattito intellettuale del dopoguerra e che riguardano numerosi temi. Ma in primo luogo, e al di fuori dei suddetti argomenti, giganteggia la figura di Franz Kafka che nei suoi racconti e romanzi (Il processo, La metamorfosi, Nella colonia penale, ecc.), permeati da inquietudine, senso di smarrimento, angoscia esistenziale, anticipa quell'atmosfera surreale che milioni di ebrei e Untermenschen si troveranno a subire prima dell'inganno "finale". Ed è tragico che Kafka riviva suo malgrado nei "pensieri" dei carnefici e che venga assurdamente eletto a  loro "ispiratore" con riferimento al protagonista del capolavoro kafkiano "La metamorfosi", Gregor Samsa, diventato improvvisamente un enorme scarafaggio.
Ma altri scrittori e pensatori di primo piano sono citati dai personaggi del libro di Ferretti quali antesignani e precursori dell'ideologia nazista. Si accenna a Nietzsche ma anche a Heidegger. Si tratta naturalmente di alibi costruiti dai nazisti per ammantare di un'aura di filosofia quella che invece non fu altro che un'ondata di male assoluto che causò una catastrofe immane.
Gran bel libro, che ho riletto due volte nella stessa giornata per mettere in pratica la regola che "occorrerebbe leggere due volte un libro perché solo alla seconda lettura ti accorgi se è un buon libro o non lo è affatto".  Il libro di Vasco Ferretti, lo è, senza dubbio alcuno.

P.S. Dato lo spazio "limitato" per la pubblicazione delle recensioni sul sito ILMIOLIBRO.IT  mi è stato possibile solo citare, di sfuggita, il "dibattito intellettuale del dopoguerra" e che ha visto, in estrema sintesi, contrapporre il pensiero di coloro che propendevano circa il notevole carico di responsabilità addossabile agli intellettuali che con le loro "idee" avrebbero contribuito all'affermazione del nazismo e coloro che, al contrario, consideravano il ruolo degli intellettuali assolutamente marginale circa la nascita  del nazifascismo e l'affermazione di Hitler.
Le attenzioni si appuntarono su Friedrich Nietzsche e il suo pensiero, che venne negli anni successivi alla sua morte  travisato e manipolato.  A questa forzatura contribuì notevolmente anche la stessa sorella di Nietzsche con  un'operazione di recupero degli appunti in alcuni casi,di eliminazione o censura in moltissimi altri casi, per consegnare agli "studiosi"un materiale "di pronto utilizzo" contenente gli stereotipi del Superuomo e altri, dando vita al volume postumo degli inediti nietzschiani "La volontà di potenza". E a questi stereotipi il nazismo, negli anni Trenta, attinse a piene mani...
La posizione di Heidegger fu spesso ambigua verso il nazismo e ciò contribuì sicuramente all'adesione al partito nazista di molti accademici. 
Ritengo che  Thomas    Mann abbia letto le opere di Nietzsche, ma  non per questo aderì  al nazismo, tanto è vero  che le sue opere negli anni '30 finirono all'indice prima e al rogo poi, in Germania naturalmente. E il grande scrittore dovette trovare asilo negli Stati Uniti.             

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