German Espinosa e "Le coorti del diavolo"

 "Marrano! - ripeté Fernandez de Amaya, restituendo alla parola il suo tremendo significato infamante di persona maledetta e scomunicata, la sua promessa di discesa dell'ira divina sull'ipocrita battezzato, e a gesti chiamò gli sbirri che già impugnavano i nerbi di bue impeciati, pronti a dar principio allo spettacolo. L'improvviso inizio della flagellazione dissipò di colpo la pessima impressione lasciata da Manozga. Schioccarono le frustate nella cinta claustrale e la folla ondeggiò in una specie di orgasmo prolungato e sinuoso, si contrasse e andò poi espandendosi per palpare una ad una le dolorose reazioni del fustigato, che finalmente cadde esausto in mezzo ai carnefici. L'Alcade buttò su quel corpo la classica cappa gialla dei penitenti in via di riconciliazione, sulla quale era stampata la croce di sant'Andrea, e ordinò agli sbirri di portarlo via......

Gli ecclesiastici cantarono un salmo e la folla si disperse lentamente. Manozga si intrattenne un momento tra i curiosi ancora avidi di mettere il naso nelle faccende private inquisitoriali, così come avrebbe fatto un generale vittorioso tra il fetore della cadaveraia nemica. Si sentiva soddisfatto. Effettivamente la sua presenza, malgrado la compassione che poco prima aveva ispirato per il suo aspetto decrepito e trasandato, continuava a incutere terrore. Non era facile dimenticare le antiche paure, di quel tempo non lontano in cui tre colpi forti al portone e l'annuncio ufficiale: Aprite in nome del Santo Ufficio bastavano a far rizzare i capelli al più risoluto e a far piegare  le gambe al meno apprensivo. L'Inquisitore aveva smesso da un pezzo di essere un esecutore per trasformarsi in un archetipo. Il suo aspetto rubicondo e peculiare era già simbolico per se stesso e, sebbene col passare del tempo apparisse come l'ombra di ciò che era stato, la sua decadenza aveva una certa patina di altezzosa pazzia che accentuava questo simbolismo: come se, in astratto, il Santo Ufficio fosse diventato matto (traduzione di Lucrezia Cipriani Panunzio - 1973 - ediz. Einaudi).


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