APOCALISSE di D.H. LAWRENCE - una introduzione - da IL RITMO DELLA LIBERTA'

 APOCALYPSE 

Dopo questa analisi della differenza tra l'astronomia e l'astrologia, con una particolare predilezione per quest'ultima in quanto più coerente con la sua visione dell'uomo moderno bisognoso di ritrovare le proprie radici cosmiche, Lawrence passa al testo di Giovanni di Patmos. Lawrence si chiede che senso abbia, a distanza di diciotto secoli dalla sua ultima elaborazione, l'Apocalisse per l'uomo del XX secolo, e quale significato possa mai racchiudere il suo messaggio; e arriva alla conclusione che per il lettore moderno quest'ultimo scritto neotestamentario non possa avere molta importanza. Per lo meno per il lettore ordinario, senza cioè particolari interessi culturali. “Se si tratta di uno studente, in modo particolare di uno studente dei testi biblici, l'Apocalisse rappresenta una visione, una profezia scritta nel I secolo d. C., del martirio della Chiesa cristiana, della distruzione dell'Impero romano. E poi, della sconfitta e dell'incatenamento di Satana per la durata di mille anni, del governo del mondo da parte dei Martiri Risorti della Cristianità; poi, la fine di tutto, il giudizio Universale e, infine, il sorgere della Nuova Gerusalemme. La Nuova Gerusalemme e ... finis! E' questa l'interpretazione ortodossa dell'Apocalisse, lo scopo per il quale è stata redatta e divulgata tra i primi cristiani. Alcuni interpreti tenderanno comunque a trasformare questi evidenti e leggibili letture come un primo e superficiale significato, che a un esame più approfondito rivela invece un'infinità di messaggi con un notevole carico di verità e messaggi molto più profondi. Quasi che Giovanni di Patmos abbia volutamente scostato leggermente il "velo" impedendoci di penetrare maggiormente l'oscurità del testo; impedendoci volutamente di leggerlo in profondità”. Ma cosa succede? Aggiunge Lawrence: è una noia. “Proseguendo nella lettura dell'Apocalisse, ci assale il dubbio che dietro i significati manifesti e diretti alle prime comunità cristiane, ci siano altri significati. Le visioni che hanno accompagnato la nostra educazione religiosa e che, spesso, ci hanno perseguitato per tutta la nostra adolescenza, non possono esaurirsi con le interpretazioni dei commentatori ortodossi. Le immagini del tipo ho visto il Cielo aperto, ed ecco un cavallo bianco, non sono chiarite del tutto dalle spiegazioni ortodosse. Infatti, quando tutto è stato spiegato, esposto e commentato, rimane nell'opera una strana meraviglia intermittente, metà spuria e metà splendida. A volte le grandi figure appaiono meravigliose. A volte c'è uno strano senso di dramma incomprensibile. A volte le figure hanno una vita propria, inspiegabile, che non può essere spiegata o esaurita. E gradualmente ci rendiamo conto di essere nel mondo del simbolo oltre che dell'allegoria. A poco a poco ci rendiamo conto che il libro non ha un solo significato. Ha diversi significati. Senza dubbio l'ultimo scrittore ha lasciato l'Apocalisse come una sorta di completa allegoria cristiana, un pellegrinaggio verso il Giorno del Giudizio e la Nuova Gerusalemme: e i critici ortodossi possono spiegare l'allegoria in maniera abbastanza soddisfacente. Ma l'Apocalisse è un'opera complessa”. E qui, l'interpretazione filologica di Lawrence ben si accorda con quella elaborata dalla maggior parte degli studiosi che hanno riscontrato, tra l'altro, una stretta rassomiglianza del libro di Giovanni di Patmos (chiunque esso o essi fossero) con l'apocalittica apocrifa precedente o contemporanea. Anche l'Apocalisse giovannea ci fa assistere a una serie ininterrotta di visioni allegoriche e simboliche, e per di più tali visioni sono riportate con uno stile che richiama gli scrittori apocalittici ebrei. Sembra quindi acquisito l'accordo sul fatto che nelle visioni di Giovanni siano presenti numerose espressioni estratte da altre fonti e in primo luogo dall'Antico Testamento oltre che dall'apocalittica giudaica più recente. Ma sia la prima che la seconda fonte provengono dalla mitologia orientale o dall'astrologia ellenistica. Una corrente di pensiero (storico tradizionale), che annovera tra i suoi maggiori esponenti Gunkel (fine del XIX secolo), Bousset e Boll, suggerisce la lettura della simbologia apocalittica giovannea facendo ricorso alla mitologia babilonese. Scrive Lawrence: "E' senza dubbio il lavoro di uomini diversi, di generazioni diverse e persino di secoli diversi. L'Apocalisse ebbe origine probabilmente due secoli prima di Cristo, come un piccolo libro, forse, di rituali pagani, oppure come una breve Apocalisse pagano-ebraica scritta in simboli. Fu riscritta da altri apocalittici ebrei e alla fine arrivò a Giovanni di Patmos, che la trasformò più o meno (piuttosto meno che più) in un'allegoria cristiana. E in seguito gli scribi aggiustarono il suo lavoro. Quindi, il significato cristiano intenzionale ultimo del libro è, in un certo senso, solo intonacato. Le grandi immagini incorporate sono come le magnifiche colonne greche intonacate nelle chiese cristiane in Sicilia. Esse (quelle immagini) non sono solo figure allegoriche: sono simboli, appartengono a un'epoca più grande di quella di Giovanni di Patmos. E come simboli sfidano l'allegorico superficiale. I simboli hanno una vita propria, e non puoi mai spiegarli, perché il loro valore emotivo che gli appartiene è dinamico. Un'immagine allegorica ha un significato. Ma ti sfido a mettere il dito sul pieno significato di Giano, che è un simbolo. Puoi spiegare i miti: ma significa solo che continui a soffrire ciecamente, stupidamente, nell'inconscio, invece che in modo sano e con la comprensione immaginativa passando sopra la sofferenza. E le immagini del mito sono simboli. Non significano qualcosa. Rappresentano unità di sentimento umano, esperienza umana. Un complesso di esperienza emotiva è un simbolo. Nessuno può inventare simboli. Si può inventare un emblema, fatto di immagini: o metafore o immagini, ma non simboli. Alcune immagini, nel corso di molte generazioni di uomini, diventano simboli, incastonati nell'anima e pronti a risvegliarsi se toccati, portati avanti nella coscienza umana per secoli. Ora, l'Apocalisse ha tanti splendidi simboli antichi, da farci palpitare. E i simboli suggeriscono schemi di simboli. Cosi' l'Apocalisse, con i suoi simboli, suggerisce schemi di simboli, al di sotto del suo significato superficiale cristiano e allegorico della Chiesa di Cristo. E uno dei principali schemi di simboli che l'Apocalisse suggerirà qualsiasi uomo che abbia un sentimento per i simboli, in contrasto con il sentimento ortodosso per l'allegoria, è lo schema astrologico. Ancora una volta i simboli dell'Apocalisse sono astrologici, il movimento è il movimento delle stelle e questi suggeriscono uno schema astrologico. Sicuramente una delle più grandi esperienze immaginative che la razza umana abbia mai avuto è stata l'esperienza caldea delle stelle, inclusi il sole e la luna. Vorrei conoscere di nuovo le stelle come le conoscevano i Caldei, duemila anni prima di Cristo. Vorrei poter mettere il mio ego nel sole e la mia personalità nella luna e il mio carattere nei pianeti e vivere la vita dei cieli, come facevano i primi Caldei. ... Dovremmo conoscere il sole come lo conoscevano i Caldei, in un abbraccio formidabile. ... Ma la nostra esperienza del sole è morta, siamo tagliati fuori. Tutto ciò che abbiamo ora è la forma-pensiero del sole. E' una palla di gas fiammeggiante, ha macchie occasionalmente, a causa di una sorta di indigestione, e ti rende marrone e sano se glielo permetti. I primi due fatti (sole e macchie solari) li conosciamo”, aggiunge Lawrence, “perché gli scienziati, chiamati astronomi, che osservano lo spazio con i loro potenti telescopi, così li hanno descritti. E' ovvio, sono semplici forme-pensiero. Il terzo fatto, sull'essere bruni e sani, lo crediamo perché i medici ci hanno detto che è così. Quindi anche il terzo fatto è una forma-pensiero. E questo è tutto ciò che abbiamo, povere cose, del sole. Due o tre forme-pensiero a buon mercato e inadeguate. Dov'è per noi il grande e regale sole dei Caldei? Abbiamo perso il sole. Abbiamo perso il sole e abbiamo trovato alcune miserabili forme-pensiero. Una palla di gas ardente! Con macchie! Ti fa rosolare! Certo, non siamo i primi a perdere il sole. Gli stessi Babilonesi iniziarono a perderlo. I grandi e viventi cieli dei Caldei si deteriorarono già ai tempi di Baldassarre fino a trasformarsi nel disco dalla cui osservazione, durante le lunghe e limpide notti, provenivano le profezie dei cieli notturni. Ma quella era colpa dell'uomo, non dei cieli. L'uomo si deteriora sempre. E quando si deteriora si preoccupa sempre in modo eccessivo della sua fortuna e del suo destino. Quando gli uomini diventano poveri nella vita, diventano ansiosi per la loro fortuna e spaventati per il loro destino. Al tempo di Gesù, gli uomini erano diventati così ansiosi per le loro fortune e così spaventati per il loro destino... ... e non puoi aspettarti la tua fortuna finché non sei arrivato in paradiso; cioè fino a dopo la tua morte. Questo è stato accettato da tutti gli uomini ed è stato il credo fino ai nostri giorni, che ci ha fornito una grande quantità di forme-pensiero e ci ha portati in una sorta di morte vivente. Quindi ora vogliamo di nuovo il sole. Non la pallina di gas maculata che ti fa rosolare come uno spiedo di carne, ma il sole vivente e la luna vivente dei vecchi tempi caldei. Ma dopo che abbiamo visto il volto butterato della luna nelle fotografie scientifiche, dobbiamo accettare che per noi è giunta la fine della luna? Penso di no. E' un gran colpo: ma la fantasia può riprendersi. Anche se dobbiamo credere alla fotografia butterata, ... la luna non è per questo un nulla morto. Ma è la luna che tira su le maree, è la luna che controlla i periodi mestruali delle donne, è la luna che tocca i pazzi, e non è, la luna, il semplice pezzo morto dell'astronomo. La luna! Artemis! La grande dea dello splendido passato degli uomini! Mi dirai che è un pezzo (astronomico) morto? Non è morta. Quando descriviamo la luna come morta, stiamo descrivendo la morte in noi stessi (when we describe the moon as dead, we are describing the deadness in ourselves). Quando troviamo lo spazio così orribilmente vuoto, stiamo descrivendo il nostro vuoto insopportabile. Immaginiamo che noi, poveri vermi con occhiali, telescopi e forme-pensiero, siamo davvero più coscienti, più vitalmente consapevoli dell'universo di quanto lo fossero gli uomini del passato, che hanno chiamato la luna Artemide o Cibele o Astarte? Immaginiamo di conoscere davvero la luna meglio di quanto la conoscessero loro? Disinganniamoci. Non pensare di poter sfuggire alla luna, così come non puoi sfuggire al respiro. E' nell'aria che respiri. Come diventa balbettante l'uomo quando è veramente intelligente e pensa di dare la descrizione definitiva e finale dell'universo. I Caldei descrivevano il Cosmo così come lo trovavano: magnifico. La nostra descrizione è vera? Nemmeno per un momento… La descrizione dell'Universo è la risultante del nostro stato d'animo. Dovremo cambiarlo. E quando lo avremo cambiato, cambieremo completamente la nostra descrizione dell'universo. Non chiameremo la luna Artemide, ma il nuovo nome sarà più vicino ad Artemide che a un grumo morto di un globo estinto. Non recupereremo la visione caldea dei cieli viventi. Ma i cieli torneranno in vita per noi e la visione esprimerà anche gli uomini nuovi che siamo. E così il valore di questi studi intorno all'Apocalisse. Svegliano l'immaginazione e ci danno in alcuni momenti un nuovo universo in cui vivere. Possiamo pensare che sia il vecchio cosmo dei Babilonesi, ma non lo è. Non potremo mai recuperare una vecchia visione una volta che è stata soppiantata. Ma quello che possiamo fare è scoprire una nuova visione in armonia con i ricordi di esperienze antiche, lontane, che giacciono dentro di noi. Fin dalla prima infanzia ho avuto familiarità con il linguaggio apocalittico e l'immagine apocalittica, anche se probabilmente non ho nemmeno ascoltato attentamente. Ma il linguaggio ha il potere di echeggiare e riecheggiare nella mia mente inconscia. E così il suono dell'Apocalisse si era registrato in me molto presto: Ero nello Spirito nel giorno del Signore, e udii dietro di me una grande voce, come di una tromba, che diceva io sono l'Alfa e l'Omega. Io non conoscevo il significato, ma ai bambini spesso preferiscono il suono al senso. Alleluja: per il Signore Dio onnipotente. L'Apocalisse ha un'intima connessione con i miti stellari e il movimento dei cieli astrologici: una sorta di significato stellare sommerso. La ricerca moderna ha saputo ricollocare la Bibbia nelle sue connessioni viventi, ed è splendida: non più il libro ebraico morale, ma un racconto affascinante dell'avventura dell'ebreo tra le grandi antiche nazioni civilizzate del passato ... E anche l'Apocalisse, presumibilmente l'ultimo dei libri della Bibbia, prende vita con una nuova grande vita, una volta che guardiamo i suoi simboli... Il testo conduce con estrema disinvoltura nel grande caotico mondo ellenico del I Secolo: ellenico, non romano. Ma i simboli portano molto più indietro. L'Apocalisse ha un vecchio schema astrologico. Gli accenni sono troppo evidenti e troppo splendidi: come le rovine di un antico tempio inglobato in una cappella cristiana. 

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