Una giornata al mare, dalla raccolta SULLA SARDEGNA - Storia, Racconti, riflessioni - Ed. Amazon kindle 2023

 Il mare di Capo Pecora

La vita a contatto con una natura incontaminata e selvaggia lo assorbiva; e Ovidio respirava il profumo della libertà, soprattutto nelle sfolgoranti giornate di primavera e di fine estate. Il suo sguardo spaziava nella vastità del mare spesso turbolento e la sua anima era rapita dalla vastità e dalla bellezza del posto. Capo Pecora possedeva il fascino magico anche se apparentemente ostile di un paesaggio che univa i colori e gli odori della macchia mediterranea alle rotondità dei massi di granito inseriti in essa, all’azzurro intenso di un mare che si perdeva laggiù in lontananza fino a congiungersi in un orizzonte che accarezzava il cielo. Una torrida mattinata di fine giugno, approfittando dell’assenza di Igino recatosi a Frailis per la vendita di alcuni quintali di formaggio caprino, Olga decise di andare a rinfrescarsi nella vicina baia a nord del Capo. La donna non poteva certo contare sull’approvazione del marito per simili pazzie, e la giornata era afosa, particolarmente afosa; e Igino sarebbe rientrato a sera inoltrata con il calesse; e poi … “sono ancora giovane e non posso aspettare di rimanere vedova per fare qualche cosa che mi va di fare”. Meno di dieci minuti di camminata ed ecco che il mare di Capo Pecora, selvaggio, scontroso e agitato quasi costantemente, quella volta si acquietò, stranamente si acquietò; sembrava volesse accogliere il bianco corpo, liberato dalle ingombranti vesti, di Olga che poteva immergersi libera, finalmente libera. Sciolti i lunghi capelli corvini perennemente ingabbiati in complicate trecce che la facevano apparire più vecchia dei suoi trentadue anni, avanzò cautamente. Movimenti lenti, i suoi, assai guardinghi, per evitare rovinose cadute sui massi di granito, lisci, salsedinosi e sbiancati dal sole. Non era rimasto spazio alcuno per la sabbia perché quei massi occupavano i venti, trenta metri che separavano il ripido costone roccioso d’un colore rossiccio, ramato, dall’acqua della baia; ed erano continue insidie, leggermente immersi o in parte affioranti com’erano nell’acqua cristallina. Poi, al momento del primo timido contatto, quasi un assaggio, il corpo di Olga fu percorso da un brivido lungo e inarrestabile. Era una sensazione unita a brevissime e acute fitte,con simultanee contrazioni muscolari:difficile definirle piacevoli o dolorose. Non sapeva la donna se restare immobile per abituare il corpo alla temperatura dell’acqua e interrompere in quel modo quelle continue sensazioni che la immobilizzavano o se riconquistare la distesa dei massi già scaldati dal sole mattutino. Decise di avanzare ancora e più speditamente. Ed ecco che inaspettatamente la pelle, resa ruvida dai brividi, tornò liscia e distesa al momento della completa immersione, ar- recando in pochi istanti al corpo il beneficio ristoratore del nuovo equilibrio termico raggiunto nell’elemento marino, che divenne quasi una veste perfettamente aderente. Poi, anche il contrasto violento tra l’aria calda e l’acqua decisamente fredda fu superato dopo pochi attimi e Olga trascorse una buona mezz’ora di assoluto piacere, godendo in una rapida successione il fresco corroborante dell’acqua e il caldo tepore esterno, in un movimento fanciullesco d’immersione ed emersione che da anni non aveva più assaporato. E anche Ovidio godette di quella vista, se pure a debita distanza; ed era una visione che finora aveva solo immaginato come una favola omerica, di quelle vagamente accennate nel suo libro di letture: Ulisse e Calipso, ad esempio. Le forme giunoniche  della padrona si prestavano benissimo a rendere più realistica e credibile la trasposizione poetica del grande Cantore greco; e a dare un notevole impulso alla fertile immaginazione del ragazzo.

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