BREVE STORIA DELLA SARDEGNA - alcuni brani

Libero Concas Breve storia della SARDEGNA Nao creio que a historia seja mais, no seu grande panorama desbotado, que um decurso de interpretacoes, um consenso confuso de testemunhos distraidos (Non credo che la storia, nel suo grande panorama sfumato, sia altro che un deflusso di interpretazioni, un consenso confuso di testimoni distratti) – Fernando Pessoa. Livro do Desassossego – framm. 27. PREFAZIONE Un accenno alla storia della Sardegna: seimila anni che hanno visto l'arrivo di popolazioni che si sono sovrapposte agli abitatori isolani con i quali nel tempo hanno instaurato rapporti commerciali o di sfruttamento coloniale. La ricerca dell'ossidiana – affiorante soprattutto alle pendici del monte Arci - e poi dei minerali - piombo, rame, argento, zinco - è stata una costante nella motivazione che ha spinto lungo i secoli gli "stranieri" a fare tappa in Sardegna. E così già dal II millennio l'isola è stata regolarmente inserita, spesso solo per esigenze logistiche, nelle rotte del commercio miceneo prima, etrusco e fenicio successivamente, e ancora punico e romano: traffici commerciali che fecero del Mediterraneo un immenso emporio per lungo tempo aperto agli scambi e successivamente trasformato da Roma in "Mare nostrum". La Sardegna, diventata colonia delle potenti repubbliche marinare di Genova e di Pisa agli inizi del XIII secolo, viene poi utilizzata nel 1297 come merce di scambio da parte della Chiesa per i suoi disegni politici e data in "dono" ai sovrani aragonesi. Nei quattrocento anni successivi - inizialmente appannaggio della Corona Aragonese fino alla sua unione con il Regno di Castiglia e la conseguente unificazione dei territori spagnoli – l’Isola fu profondamente ispanizzata, nella lingua. nella cultura e nell’amministrazione, pur restando assolutamente marginale nella organizzazione e gestione dell’immenso Impero spagnolo. Arriviamo alla Sardegna sabauda e poi italiana e allo sfruttamento delle ricchezze minerarie e di quelle boschive ad opera di numerosi uomini d’affari – spesso dotati di poca o nessuna esperienza imprenditoriale, ma sicuramente ben forniti di notevole intraprendenza e adeguatamente supportati da banchieri e governanti. Era l’epoca del nascente capitalismo industriale che interpretava la sua missione di veicolo per l’accrescimento ulteriore della ricchezza in mano ai detentori del potere politico e finanziario, poco o affatto curandosi dei danni irreversibili, ambientali e umani provocati dallo scriteriato sfruttamento delle risorse naturali. Attività quest’ultima che ha contrassegnato l’intero secolo XIX e poi ancora una buona parte del Novecento. Gli influssi culturali degli antichi e remoti visitatori o degli immigrati o dei colonizzatori si sono probabilmente limitati alla tecnica delle costruzioni megalitiche sfociate nel tempo nell'edificazione dei nuraghi, senza stravolgere le antichissime e profonde tradizioni delle popolazioni "indigene" votate al mantenimento - intatto attraverso i secoli - della società basata sui gruppi famigliari, i clan e le tribù e nelle loro autonome organizzazioni. Resta da accertare, ed è opera ardua e non sicuramente esaustiva, la probabile provenienza di questi flussi migratori, la loro diffusione e l'estensione nel tempo e negli spazi dell'isola. La posizione centrale della Sardegna nell'occidente mediterraneo, all'incirca equidistante dalla penisola italiana, dalle coste nord africane e dalle Baleari, e non lontanissima dalla penisola iberica, non è mai stata sufficiente all'instaurazione di rapporti proficui per le comunità isolane. E poi ci sono i miti. Quello dei guerrieri Shardana, ad esempio, che si sarebbero uniti ai " Popoli del mare", partecipando nel XII secolo a. C. alle ondate di invasioni, distruzioni e saccheggi di antiche civiltà palaziali, di regni e imperi nel Mediterraneo orientale, nell'Anatolia, fino a minacciare la stessa esistenza della potenza egizia. Che dei guerrieri Shardana facciano cenno alcune epigrafi egizie può rientrare o meno in una verità storica, ma sappiamo anche che molti dei documenti di antiche civiltà (e anche di nazioni a noi più vicine nel tempo sino ad arrivare ai giorni nostri...) erano spesso ridondanti di elogi e apologie imposti dai regnanti o comunque dai detentori del potere : ai cronisti e scribi di corte non restava che adeguarsi. Ma prima di dare per certo che quelle orde di valorosi guerrieri avessero le loro radici genealogiche e le loro basi navali in Sardegna… Sulla provenienza dei guerrieri che fecero la loro apparizione alla fine dell’età del bronzo, le congetture, le ipotesi e le ricostruzioni più o meno fantasiose sono numerosissime. Certo è che apparvero e si eclissarono in un breve lasso di tempo lasciando distruzione e morte al loro passaggio. Di loro sappiamo pochissimo; si pensa che si spostassero continuamente da un luogo all’altro. Non si è in grado di attribuire interamente alle loro incursioni armate la crisi che provocò la caduta degli antichi regni che gravitavano attorno al bacino orientale del Mediterraneo; altre cause – catastrofi naturali come pestilenze, siccità, terremoti e le conseguenti carestie – potrebbero aver contribuito a quella crisi epocale. Non abbiamo alcuna certezza né dei loro luoghi di origine né delle terre dove si stabilirono dopo il periodo delle incursioni che contribuirono, si crede, a determinare la fine delle civiltà che – prima del XII secolo – dominavano la scena politica. Attribuire la patria di origine dei Shardana alla Sardegna può essere giustificata, almeno in parte, dall’assonanza consonantica dei due nomi; identico discorso semantico si può fare per i due termini Shekelesh e Sicilia (vedi Eric H. Cline: 1177 a. C. - Il collasso della civiltà – ed. Bollati Boringhieri 2014). Rileggiamo quanto hanno scritto a tal proposito due tra i maggiori archeologi e storici della Sardegna. Non conosciamo quale fosse il nome del popolo che costruì i nuraghi, benché conosciamo almeno in parte le sue caratteristiche fisiche, di origine mediterranea indigena, preindoeuropea. Appare invece difficile che potessero essere chiamati Sardi, perché nonostante il fatto che nel IX – VII sec. a. C. il nome di Sardegna (SRDN) si ritrovi già in un’iscrizione fenicia di Nora, la radice SARD risulta piuttosto rara tra i toponimi attuali. Il nome Sardegna (Sardò) e l’aggettivo Sardonio (Sardonios) è stato usato dalle fonti classiche per indicare l’isola e i suoi abitanti almeno dal V sec. a. C.; pare a qualche studioso che debba riferirsi solo alle popolazioni sottoposte a Cartagine. Molti dubbi sono stati avanzati anche sull’identificazione con i Sardi degli Shardana che, secondo i testi egizi, si scontrarono con l’Egitto nella metà circa del XIII sec. a. C. (Ercole Contu – La Sardegna Preistorica e nuragica – pagg. 536-537 vol. II – Carlo Delfino Editore 2006-2008). Nell’800, a cominciare da Giovanni Spano, fu evocato il popolo dei Sherdanw. Al carattere fiero, coraggioso e bellicoso dei costruttori delle rocche e dei grandi castelli protosardi, si vorrebbe accostare quello “dal cuore ribelle” dei Sherdanw. Questo “Popolo del mare” (è noto), combatte contro i Faraoni in periodi diversi; prima in alleanza con gli hittiti nella battaglia di Kadesh sull’Oronte di Siria, nel 1285; poi, alleandosi a Marmajon , capo dei Lebu, nella battaglia di Paarisshep vinta da Ramesses II; infine coi Tamahenu e i Maschavasha libici sconfitti da Ramesses III nel 1182-1151. Ma i Sherdanw costituiscono anche la guardia del corpo dei Faraoni e per i servizi resi vengono ricompensati con terre in proprietà.Questo popolo piratesco e mercenario si può identificare con uno dei popoli abitanti la Sardegna nel Bronzo recente, di nome Sardo? L’ipotesi che sullo scorcio del II millennio a. C. dimorasse in Sardegna un popolo particolarmente addestrato alla milizia che, con altri popoli della lega mediterranea contro l’Egitto, giunse al delta del Nilo con proprie flottiglie, se non è da accogliere acriticamente non si può nemmeno scartare del tutto, aprioristicamente. Lasciando impregiudicata la questione se costruttori di nuraghi e altri monumenti siano stati i Sherdanw o altri popoli e abbiano partecipato o meno ai movimenti e a guerre mediterranee, è certo però, che tra popolazioni insulari e rivierasche del Mediterraneo dovettero intervenire rapporti e scambi di carattere commerciale. (Giovanni Lilliu - La civiltà dei Sardi pagg. 459-460 – Il Maestrale e Rai Eri - 2003) Capita spesso che si mantengano inalterati, o addirittura si accrescano i miti per bilanciare una carente documentazione o per soddisfare l'aspirazione d'inserire territori periferici e loro abitanti nelle più note e accertate correnti storiche, nelle grandi e famose battaglie, nelle importanti scoperte geografiche o scientifiche. Sarebbe invece auspicabile non dimenticare che una civiltà non dovrebbe necessariamente essere confrontata con esperienze e percorsi storici che altre comunità hanno affrontato e vissuto lungo i millenni della storia: una civiltà è ancora più meritevole di attenzione e di rispetto, quando denota una sua particolare identità culturale. L'identità della Sardegna è per certi aspetti ancora viva e singolare, e se lasciamo da parte semplicistiche interpretazioni etimologiche della civiltà solo appannaggio delle comunità organizzate in "città", questa identità merita di essere conosciuta e rispettata. "La Sardegna è un’altra cosa (rispetto all’Italia)... uno spazio attraente e sconfinato, con le sue distanze senza una fine. E’ sinonimo di libertà”. Così annotava David Herbert Lawrence nel suo resoconto del viaggio compiuto in Sardegna nel 1921 in compagnia della sua “ape regina” (Frieda Richthofen, sua moglie) . Nelle duecento pagine di Mare e Sardegna, D.H. Lawrence non cita una sola volta i nuraghi: comprensibile e voluta omissione in quanto lo scrittore inglese non si era sobbarcato la fatica e le scomodità del viaggio in Sardegna per ammirare il patrimonio artistico e archeologico dell'isola. Il motivo principale di quella brevissima vacanza era stato piuttosto il desiderio di fuggire, almeno per un po', dalla "classicità" dei paesaggi italiani. L'isola manteneva, agli occhi dello scrittore inglese, un'anima genuina, ed era ammirevole proprio perché, a parer suo, non aveva una storia, nessuna età, nessuna razza: niente da offrire. Una terra dove si poteva respirare la libertà, con i suoi spazi apparentemente senza confini, con il suo paesaggio incontaminato, fortunatamente ancora al di fuori della modernità e dell'industrializzazione che avevano ormai intrappolato buona parte dei paesi europei. "E' un qualcosa per parecchi versi ancora misterioso o difficilmente esplicabile, questo pullulare di torri in ogni parte dell'isola, dalle coste alla montagna...; questo adattarsi di una forma costruttiva rimasta nel nucleo simile a se stessa..." scriveva il celebre archeologo Giovanni Lilliu (Sardegna nuragica - Edizioni Il Maestrale 2006). "I nuraghi sono edifici straordinari. Chi non li ha visti con i propri occhi difficilmente se ne può fare un'idea. Sono torri che servivano probabilmente sia da abitazione sia da fortezza; formavano una rete che copriva l'Isola ed erano disposti con un criterio di interconnessione, in modo da poter fare segnalazioni dall'uno all'altro. Furono costruiti a partire da 3800 anni fa, per almeno 1000 anni" (Luca e Francesco Cavalli-Sforza: Chi siamo - La storia della diversità umana - Arnoldo Mondadori Editore 1993). Sicuramente i nuraghi rappresentano, meglio di qualunque altro edificio antico o remoto, la Sardegna, ma la storia dell'isola è qualcosa di più che il solo periodo nuragico. Nei 6-7000 anni di storia archeologicamente riscontrabile, i circa quindici secoli caratterizzati dall'epopea nuragica costituiscono indubbiamente un notevole tratto del cammino che la Sardegna ha percorso. Nel lungo procedere verso la cosiddetta Civiltà, i sardi sono probabilmente rimasti isolati per decine di secoli, ma con il perfezionamento delle tecniche di navigazione e dell'ingegneria navale, si è accentuato il loro coinvolgimento negli spostamenti e nelle migrazioni delle popolazioni mediterranee, e non solo di quelle. L'isola, al centro del Mediterraneo occidentale, a partire dalla fine del III millennio a. C. è diventata sempre più crocevia dei traffici che i popoli del bacino orientale del Mediterraneo intensificarono alla ricerca di minerali e di occasioni per lo sviluppo della loro attività commerciale. In Sardegna si affacciarono i Micenei, i Fenici, gli Etruschi, i Greci, e chissà quanti altri ancora alla ricerca della preziosa ossidiana, dei minerali o semplicemente per stabilire dei fondachi, delle basi per il rifornimento (acqua e cibo) delle loro navi. La civiltà nuragica mai arrivò al perfezionamento di un'organizzazione urbana che sola, forse, avrebbe potuto sfociare in una visione nazionale più ampia, necessaria per fronteggiare le mire di conquista che nel tempo si sostituirono alla pacifica invasione commerciale dei primi visitatori. Questo libro vuole dare un modesto contributo, essendo una semplice e incompleta sintesi, per stimolare la curiosità e spingere ad approfondire, con altri testi più adeguati, la conoscenza della storia della Sardegna. Sarebbe già un ottimo risultato se il presente scritto venisse utilizzato dagli studenti delle scuole secondarie di primo grado come breve sintesi e agile quadro di riferimento cronologico delle tappe più significative nel millenario percorso storico della Sardegna.

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