Le coorti del diavolo - German Espinosa

 La folla, appollaiata sulle rovine del bastione, era formata per lo più di uomini, tra i quali si distingueva qualche divisa e qualche decorazione militare. Le donne avevano preferito intanarsi nelle chiese, all'idea di un'improvvisa ira di Dio, e quelle che si potevano scorgere in mezzo alla calca erano di due categorie: femmine dallo spirito libero, come Catalina de Alcantara, prive però di quella sua proterva immunità di fronte alle macchinazioni della bacchettoneria, e puttane uscite dalla frequentatissima Calle de la Damas. Queste ultime si distinguevano per il delirio cromatico delle ampie e ondeggianti gonne di panno e per il gorgheggio da usignolo con cui richiamavano gli orfani d'amore: i quali, con colpi di tosse e repentine considerazioni  sul magnifico stato del tempo, schivavano il saluto.

Mardoqueo Crisoberilo, piantato in mezzo all'arenile ingombro di conchiglie, carcasse e chiocciole marine, aveva assunto un atteggiamento mistico.

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- Ecco qui, - disse - l'unghia del dito grosso del piede di Dio.

La reazione di protesta fu istantanea. Ufficiali, battone, curiosi e orfani d'amore iniziarono una fischiata che arrivò alle stelle quando Mardoqueo Crisoberilo, con la mano alzata come se su di essa portasse il più prezioso trofeo di tutti i tempi, avanzò verso la fortezza con un sorriso e un gesto talmente sicuri che tutti credettero di essere vittime di uno scherzo. L'alchimista si unì alla folla, mostrando ad ognuno ciò che aveva sulla mano.

(German Espinosa - Le coorti del diavolo -trad. di Lucrezia Cipriani Panunzio - Ed. Einaudi 1973)

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