Il divorzio e il filosofo

 Quando due persone, per quanto miti, cortesi ed educate, divorziano, sembra quasi che si  alzi una nuvola di polvere che ricopre, invade e altera le tinte di tutto ciò con cui entra in contatto. E' come se la sfera  dell'intimità, la fiducia ingenua e spensierata della vita comune, si fosse tramutata in una sostanza perniciosa e venefica, quando si sono spezzate le relazioni su cui si fondava. L'intimità fra due esseri  umani è fatta di indulgenza, sopportazione, rifugio delle idiosincrasie individuali. S e viene portata allo scoperto, vi si manifesta subito un elemento di debolezza, e nel caso del divorzio questa estroversione  è inevitabile.  Essa si impadronisce  dell'inventario della familiarità. Cose che erano state , un tempo, segni di premura affettuosa, immagini di conciliazione, si rendono improvvisamente  autonome come valori e mettono in mostra  un lato cattivo, freddo e funesto.

Se il matrimonio rappresenta una delle ultime possibilità di formare  nuclei di umanità nell'universale inumano, l'universale si vendica, nella sua dissoluzione, impadronendosi di ciò che pareva doversi sottrarre alla sua giurisdizione, assoggettandolo agli ordinamenti estraniati del diritto e della proprietà , e facendosi beffe di coloro che si illudevano di esserne immuni. (Theodor Adorno - Minima Moralia - Ediz. Einaudi 1979)

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