Tramonto di Roma
e invasione vandalica
La Sardegna, insieme alla Sicilia, aveva
una lunga tradizione di coltivazione del frumento ancora di più rafforzata
dalle esigenze alimentari che Cartagine
aveva palesato nel lungo periodo della sua dominazione dell’Isola.
Un altro fattore che spinse Roma
all’occupazione della Sardegna era rappresentato dalle città fondate dai fenici
lungo la fascia costiera sarda e che costituivano delle prede ambite grazie
alla loro posizione strategica a presidio dei traffici marittimi.
Una volta che l’impero romano imboccò il lungo cammino della crisi e del successivo declino, il ruolo strategico ed economico della Sardegna, soprattutto come base navale e granaio di Roma, tornò ad essere assolutamente marginale nello scacchiere politico del Mediterraneo; la sua importanza declinò e venne lentamente e irreversibilmente abbandonata a se stessa.
Nel
410 i Visigoti guidati da Alarico, che da decenni erano in continuo movimento entro i confini
dell’Impero romano, spesso come esercito federato altre volte come orda
devastatrice, approfittando della crisi dell’esercito imperiale in seguito
all’uccisione del comandante Stilicone e
alla incertezza politica che ne seguì,
si mossero verso Roma che subì un violento saccheggio.
Nel 455, violentemente scomparso
l’imperatore romano d’Occidente Valentiniano III, Roma conobbe il saccheggio dei Vandali, già saldamente insediati in Africa.
I Vandali occuparono ciò che era la
Provincia romana d’Africa, in pratica l’intero territorio nord africano, in
aggiunta alla Sicilia, Sardegna, Corsica
e Baleari; Cartagine divenne la
capitale del regno. Il loro dominio in Sardegna, che durò
circa ottant’anni, veniva esercitato con la forza delle armi ed era
diretto all’esazione di gravosi tributi a carico delle popolazioni conquistate,
senza dare eccessivo peso all’amministrazione dei territori occupati: venne
preferita, almeno nei primi tempi, un’azione di pura e semplice spoliazione e
vessazione delle popolazioni sottomesse.
Primo e importante obiettivo dei nuovi conquistatori fu naturalmente quello di pervenire al completo controllo delle città più importanti, per l’esazione di tributi che è facile immaginare particolarmente esosi. Anche le terre più fertili e remunerative divennero, in parte, oggetto di acquisizione al patrimonio personale del re vandalico.
Non fu, quello dei Vandali, comunque un
possesso privo di problemi, dal momento che l’opposizione esercitata dalle
genti barbaricine non tardò ad emergere in tutta la sua complessità. Per farvi fronte venne nominato un luogotenente
fornito di pieni poteri militari e civili, con l’incarico di tenere a freno le
ribellioni delle popolazioni interne: cambiavano i dominatori, ma le
opposizioni e le incursioni dei sardi barbaricini, si ripetevano
regolarmente.
Il re dei Vandali, Genserico, la cui gente aveva già da tempo abbracciato il credo Ariano, decise di condurre una politica moderatamente permissiva, costringendo alla conversione solo i funzionari statali, ma lasciando libertà di culto al resto delle popolazioni conquistate. In contropartita di questa semi-libertà di culto, impostò il sistema erariale in maniera piuttosto pesante sia nei confronti delle ricche famiglie romane che del potente e ricco clero cattolico nord africano. Genserico regnò per circa 50 anni; i suoi successori alternarono periodi di tolleranza religiosa ad altri di assoluta intransigenza.
Durante
il regno di Trasamondo (496-523) ripresero
le persecuzioni contro i cattolici e nel 507 numerosi ecclesiastici (un
centinaio) furono costretti all’esilio
in Sardegna. Tra costoro figuravano
anche diversi vescovi,
compreso il vescovo di
Cartagine, il vescovo di Ruspe
(Fulgenzio) e quello di Ippona
che fece trasportare a Cagliari le reliquie di Sant’Agostino, dove furono
custodite per oltre duecento anni.
Le spoglie del santo vennero poi traslate
a Pavia nella Basilica di San Pietro per metterle al riparo dalle incursioni
saracene che nell’VIII secolo erano particolarmente frequenti in Sardegna.
Nel 530 il governatore della Sardegna, Goda, avvertendo il pericolo di una guerra dell’impero Bizantino contro il regno dei Vandali, dichiarò il distacco della Sardegna da Cartagine, si autoproclamò re e offrì la sua sottomissione all’imperatore di Costantinopoli, Giustiniano.
Nel 533 una flotta inviata dal re dei Vandali, Gelimero, sconfisse la resistenza di Goda che fu giustiziato. Finì così il primo effimero regno di Sardegna.
L’anno successivo (534), l’imperatore Giustiniano prese la decisione di riconquistare i territori nord africani occupati dai Vandali e mise il generale Belisario a capo della spedizione. Furono sufficienti pochi mesi per sconfiggere definitivamente il re Gelimero e porre così fine al regno Vandalico dopo circa un secolo di esistenza.
(L. Concas)
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