APOCALYPSE
Apocalisse significa semplicemente Rivelazione, anche se non c'è niente di
semplice in essa, dal momento che gli uomini hanno stravolto il loro cervello
per quasi duemila anni con l'obiettivo, rivelatosi infruttuoso, di scoprire cosa,
esattamente, si rivela in tutta quella grande orgia di mistificazione imbevuta
caoticamente di innumerevoli passi dei libri della Bibbia. E di tutti i libri della
Bibbia Cristiana, sia del Vecchio che del Nuovo Testamento, l'Apocalisse è
forse il meno attraente. Questa è la mia prima sensazione al riguardo. E'
quanto scrive David Herbert Lawrence nell'incipit del suo ultimo scritto
(Apocalypse), cui si dedicò assiduamente alla fine del 1929, alcuni mesi prima
della sua morte, avvenuta il 2 marzo del 1930. Lawrence passa poi ad analizzare
l'effetto quasi traumatico sulla propria psiche di quella montagna di nozioni che
gli furono inculcate, sino alla nausea. “Dai primi anni fino all'età adulta, come
ogni altro bambino ho ricevuto porzioni della Bibbia che si riversavano nella
mia coscienza indifesa, fino a raggiungere quasi un punto di saturazione.
Quelle dosi della Bibbia mi furono spruzzate nella mente e nella coscienza,
finché non sono diventate fradicie, influenzando pesantemente i processi di
emozione e di pensiero. In modo che oggi, anche se ho messo da parte la mia
Bibbia, è sufficiente che inizi solo a leggere un capitolo, per rendermi conto che
lo conosco con una precisione tale che mi provoca una sensazione di nausea.
E devo confessare, la mia prima reazione è quella di avversione, repulsione e
persino risentimento.
La ragione è ora abbastanza semplice per me. La Bibbia veniva imposta in
porzioni quotidiane nella coscienza infantile, infusa giorno per giorno, anno
dopo anno senza che nessuno si mettesse il problema se la coscienza potesse
assimilare tale caos di nozioni bibliche né giorno per giorno né anno dopo anno.
L'interpretazione della sacra parola era sempre la stessa sia che dal pulpito
parlasse un dottore in teologia o il corpulento fabbro che è stato il mio
insegnante della scuola domenicale.
Non solo la Bibbia mi veniva infusa nella coscienza una parola dopo l'altra,
come innumerevoli impronte di piedi che calpestano una superficie dura, ma le
impronte dei piedi erano meccanicamente simili, la stessa interpretazione è stata
fissata in modo che tutto il vero interesse si perdesse. Tale processo di
apprendimento, alla lunga, danneggia i suoi propri scopi.
Mentre la poesia ebraica penetra nelle emozioni e nell'immaginazione, e la
moralità ebraica penetra negli istinti, la mente diventa ostinata, resistente e
alla fine ripudia l'intera autorità biblica e si volta con una sorta di ripugnanza
lontana dalla Bibbia nella sua interezza.
Ora, un libro vive finché non è stato completamente sondato, studiato. Una
volta scandagliato, muore subito dopo. E' una cosa incredibile quanto sarà
completamente diverso un libro se lo rileggo dopo cinque anni. Alcuni libri
guadagnano immensamente, sono una cosa nuova. Sono così incredibilmente
diversi, fanno sì che un uomo metta in dubbio la propria identità. Altri perdono
immensamente. Ho letto ancora una volta Guerra e Pace e sono rimasto stupito
di scoprire quanto poco mi potesse ancora commuovere, ero quasi sbigottito al
pensiero delle emozioni che una volta avevo provato, e che ora non provo più.
Così è.
Una volta che un libro è scandagliato, una volta che è conosciuto e il suo
significato è fissato o stabilito, esso muore. Un libro vive solo finché ha il
potere di commuoverci e commuoverci in modo diverso, continuamente;
fintanto che lo troviamo diverso ogni volta che lo leggiamo. A causa della
marea di libri superficiali che sono davvero esauriti in una sola lettura, la mente
moderna tende a pensare che ogni libro sia così, esaurito alla prima lettura.
Ma non è così. E gradualmente la mente moderna farà suo questo concetto, lo
realizzerà di nuovo. La vera gioia di un libro sta nel leggerlo ancora e ancora e
trovarlo sempre diverso, intravedere un nuovo livello di significato. E', come al
solito, una questione di valori: siamo così eccessivamente sommersi da una
montagna di libri, che difficilmente ci rendiamo conto che un libro, un solo
libro, può essere prezioso; prezioso come un gioiello, come una pittura, su cui
puoi penetrare sempre più profondamente lo sguardo e raggiungere
un'esperienza sempre più profonda. Ed è molto, molto meglio leggere un libro
sei volte che leggere sei libri diversi. Perché se un determinato libro ti invoglia
ad essere letto sei volte, sarà un'esperienza più profonda sempre di più ad ogni
rilettura, e arricchirà l'anima intera di sentimenti e di pensieri. Al contrario, la
lettura di sei diversi libri letti una sola volta, costituirà esclusivamente un
accumulo sterile di nozioni superficiali, in linea con gli attuali tempi che sanno
accumulare quantità senza alcun valore…
Forse il più detestabile di tutti i libri della Bibbia, presi superficialmente, è
l'Apocalisse. Quando avevo dieci anni, sono sicuro che avevo sentito, e letto,
quel libro dieci volte, anche senza consapevolezza o senza prestare molta
attenzione... ... sono sicuro che ha sempre suscitato in me una vera antipatia. ...
devo aver detestato il modo in cui tutti leggono la Bibbia, solenni, portentosi,
rumorosi, che si tratti di parroci, insegnanti o persone comuni”.
Eppure, in prossimità della sua morte, D. H. Lawrence sente la necessità di
rileggere da par suo il libro di Giovanni di Patmos. E lo fa non certo per
polemizzare, o per lo meno, non solo per polemizzare con le interpretazioni
teologiche, ma per lasciare un ultimo messaggio poetico: è tempo che si
ristabiliscano le insostituibili connessioni, organiche e viventi, con l'intero
Cosmo, con il sole, la terra, l'umanità, le nazioni, la famiglia.
Start with the sun, and the rest will slowly, slowly happen. (Iniziamo con il sole
e il resto accadrà lentamente, lentamente).
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