Brani del libro ALLA RICERCA DELLA LIBERTA'(2) - Una introduzione a D.H. Lawrence: Apocalypse - Sea and Sardinia
Carter e Lawrence. Astrologia e Apocalisse
Lawrence lavorò al libro Apocalypse nei mesi di novembre e dicembre del
1929, mentre soggiornava, gravemente malato, a Bandol, una piccola cittadina
balneare della Costa Azzurra a sud di Tolone.
Il più delle volte era costretto a stare a letto l'intera giornata, ma riuscì
comunque a concludere la sua ultima fatica letteraria, che ebbe origine molti
anni addietro come prefazione al libro Drago dell'Apocalisse dell'artista
astrologo Frederick Carter, conosciuto nello Shropshire all'inizio del 1924.
Quella prefazione venne successivamente sviluppata fino a diventare un saggio
autonomo.
Il manoscritto del libro di Carter, accompagnato da numerosi disegni, era
pervenuto all'ufficio postale di Chapala, in Messico, dove lo scrittore soggiornò
con sua moglie Frieda nella primavera e nell'estate del 1924. Lawrence, recatosi
per il ritiro del plico postale, dovette subire una sorta d'interrogatorio circa il
contenuto di quel pacco (It seemed like the Inquisition again)... Allora, era quasi
tutto astrologia… Era confuso: era, in un certo senso, un caos. E non aveva
molto a che fare con l'Apocalisse di San Giovanni. Lawrence ammette che i
riferimenti all'Apocalisse di Giovanni di Patmos erano sfiorati appena e trattati
con un certo disordine. Ma gli spunti che lo scrittore riuscì a cogliere erano
sufficienti per approfondire i collegamenti tra le visioni caotiche dell'Apocalisse
giovannea e l'impalcatura astrologica caldea; quest'ultima derivante dalle
osservazioni astronomiche babilonesi che inoltre influenzarono pesantemente
tutta o quasi la simbologia celeste inserita diffusamente nei testi biblici.
Nella prosecuzione della lettura del Drago dell'Apocalisse, Lawrence ha modo
di dare libero sfogo alla sua immaginazione ed entrare così a contatto con un
immenso cielo e percorrerne i suoi grandi campi. Il romanziere inglese si
sofferma a sottolineare la differenza sostanziale tra l'esperienza derivatagli dalle
letture scientifiche della moderna astronomia e le letture che descrivono i cieli
astrologici. Gli infiniti spazi astronomici costringono l'osservatore o il lettore
che viaggia in tali illimitate, e dunque incomprensibili dimensioni, a sentirsi
inesorabilmente schiacciato da tali assurde enormità sino a percepire, con
terrore, la sua insopportabile situazione di prigionia e di assoluta nullità.
When science extends space ad infinitum... we have a secret sense of
imprisonment. E, prosegue Lawrence, la terribile sensazione dell'infinito
impedisce all'uomo una qualsiasi, seppure approssimativa, possibilità di sentirsi
inserito in tale inconcepibile dimensione. Impossibile trovare una collocazione
in quel vuoto assordante: "ci si può solo muovere, non si potrà mai essere". Nei
cieli astrologici, cioè negli antichi cieli zodiacali, l'uomo può liberarsi
completamente, una volta che si astrae dalla contingenza terrestre e
oltrepassando tale confine dà modo all'immaginazione di immergersi nei cieli
caldei. (In the astrological heavens, that is to say, the ancient zodiacal heavens,
the whole man is set free, once the imagination crosses the border).
Perciò, ribadisce lo scrittore inglese, entrare nel cielo astrologico dello zodiaco
e dei pianeti viventi e vaganti è un'altra esperienza, molto più appagante rispetto
al viaggiare nei cieli astronomici. Ma dopo questa analisi della differenza tra
l'astronomia e l'astrologia, con una particolare predilezione per quest'ultima in
quanto più coerente con la sua visione dell'uomo moderno bisognoso di
ritrovare le proprie radici cosmiche, Lawrence passa al testo di Giovanni di
Patmos. Lawrence si chiede che senso abbia, a distanza di diciotto secoli dalla
sua ultima elaborazione, l'Apocalisse per l'uomo del XX secolo, e quale
significato possa mai racchiudere il suo messaggio; e arriva alla conclusione
che per il lettore moderno quest'ultimo scritto neotestamentario non possa avere
molta importanza. Per lo meno per il lettore ordinario, senza cioè particolari
interessi culturali. “Se si tratta di uno studente, in modo particolare di uno
studente dei testi biblici, l'Apocalisse rappresenta una visione, una
profezia scritta nel I secolo d. C., del martirio della Chiesa cristiana, della
distruzione dell'Impero romano. E poi, della sconfitta e dell'incatenamento di
Satana per la durata di mille anni, del governo del mondo da parte dei Martiri
Risorti della Cristianità; poi, la fine di tutto, il giudizio Universale e, infine, il
sorgere della Nuova Gerusalemme. La Nuova Gerusalemme e ... finis! E' questa
l'interpretazione ortodossa dell'Apocalisse, lo scopo per il quale è stata redatta e
divulgata tra i primi cristiani. Alcuni interpreti tenderanno comunque a
trasformare questi evidenti e leggibili letture come un primo e superficiale
significato, che a un esame più approfondito rivela invece un'infinità di
messaggi con un notevole carico di verità e messaggi molto più profondi. Quasi
che Giovanni di Patmos abbia volutamente scostato leggermente il "velo"
impedendoci di penetrare maggiormente l'oscurità del testo; impedendoci
volutamente di leggerlo in profondità”. Ma cosa succede? Aggiunge Lawrence:
è una noia.
“Proseguendo nella lettura dell'Apocalisse, ci assale il dubbio che dietro i
significati manifesti e diretti alle prime comunità cristiane, ci siano altri
significati. Le visioni che hanno accompagnato la nostra educazione
religiosa e che, spesso, ci hanno perseguitato per tutta la nostra adolescenza,
non possono esaurirsi con le interpretazioni dei commentatori ortodossi. Le
immagini del tipo ho visto il Cielo aperto, ed ecco un cavallo bianco, non sono
chiarite del tutto dalle spiegazioni ortodosse. Infatti, quando tutto è stato
spiegato, esposto e commentato, rimane nell'opera una strana meraviglia
intermittente, metà spuria e metà splendida.
A volte le grandi figure appaiono meravigliose. A volte c'è uno strano senso di
dramma incomprensibile. A volte le figure hanno una vita propria, inspiegabile,
che non può essere spiegata o esaurita. E gradualmente ci rendiamo conto di
essere nel mondo del simbolo oltre che dell'allegoria. A poco a poco ci
rendiamo conto che il libro non ha un solo significato. Ha diversi significati.
Senza dubbio l'ultimo scrittore ha lasciato l'Apocalisse come una sorta di
completa allegoria cristiana, un pellegrinaggio verso il Giorno del Giudizio e la
Nuova Gerusalemme: e i critici ortodossi possono spiegare l'allegoria in
maniera abbastanza soddisfacente. Ma l'Apocalisse è un'opera complessa”.
E qui, l'interpretazione filologica di Lawrence ben si accorda con quella
elaborata dalla maggior parte degli studiosi che hanno riscontrato, tra l'altro,
una stretta rassomiglianza del libro di Giovanni di Patmos (chiunque esso o essi
fossero) con l'apocalittica apocrifa precedente o contemporanea. Anche
l'Apocalisse giovannea ci fa assistere a una serie ininterrotta di visioni
allegoriche e simboliche, e per di più tali visioni sono riportate con uno stile che
richiama gli scrittori apocalittici ebrei. Sembra quindi acquisito l'accordo sul
fatto che nelle visioni di Giovanni siano presenti numerose espressioni estratte
da altre fonti e in primo luogo dall'Antico Testamento oltre che dall'apocalittica
giudaica più recente. Ma sia la prima che la seconda fonte provengono dalla
mitologia orientale o dall'astrologia ellenistica.
Una corrente di pensiero (storico tradizionale), che annovera tra i suoi maggiori
esponenti Gunkel (fine del XIX secolo), Bousset e Boll, suggerisce la lettura
della simbologia apocalittica giovannea facendo ricorso alla mitologia
babilonese.
Scrive Lawrence: "E' senza dubbio il lavoro di uomini diversi, di generazioni
diverse e persino di secoli diversi. L'Apocalisse ebbe origine probabilmente due
secoli prima di Cristo, come un piccolo libro, forse, di rituali pagani, oppure
come una breve Apocalisse pagano-ebraica scritta in simboli. Fu riscritta
da altri apocalittici ebrei e alla fine arrivò a Giovanni di Patmos, che la
trasformò più o meno (piuttosto meno che più) in un'allegoria cristiana. E in
seguito gli scribi aggiustarono il suo lavoro. Quindi, il significato cristiano
intenzionale ultimo del libro è, in un certo senso, solo intonacato. Le grandi
immagini incorporate sono come le magnifiche colonne greche intonacate nelle
chiese cristiane in Sicilia. Esse (quelle immagini) non sono solo figure
allegoriche: sono simboli, appartengono a un'epoca più grande di quella di
Giovanni di Patmos. E come simboli sfidano l'allegorico superficiale. I simboli
hanno una vita propria, e non puoi mai spiegarli, perché il loro valore emotivo
che gli appartiene è dinamico. Un'immagine allegorica ha un significato. Ma ti
sfido a mettere il dito sul pieno significato di Giano, che è un simbolo. Puoi
spiegare i miti: ma significa solo che continui a soffrire ciecamente,
stupidamente, nell'inconscio, invece che in modo sano e con la comprensione
immaginativa passando sopra la sofferenza. E le immagini del mito sono
simboli. Non significano qualcosa. Rappresentano unità di sentimento umano,
esperienza umana. Un complesso di esperienza emotiva è un simbolo. Nessuno
può inventare simboli. Si può inventare un emblema, fatto di immagini: o
metafore o immagini, ma non simboli. Alcune immagini, nel corso di molte
generazioni di uomini, diventano simboli, incastonati nell'anima e pronti a
risvegliarsi se toccati, portati avanti nella coscienza umana per secoli.
Ora, l'Apocalisse ha tanti splendidi simboli antichi, da farci palpitare. E i
simboli suggeriscono schemi di simboli. Cosi' l'Apocalisse, con i suoi simboli,
suggerisce schemi di simboli, al di sotto del suo significato superficiale
cristiano e allegorico della Chiesa di Cristo. E uno dei principali schemi di
simboli che l'Apocalisse suggerirà qualsiasi uomo che abbia un sentimento per i
simboli, in contrasto con il sentimento ortodosso per l'allegoria, è lo schema
astrologico. Ancora una volta i simboli dell'Apocalisse sono astrologici, il
movimento è il movimento delle stelle e questi suggeriscono uno schema
astrologico.
Sicuramente una delle più grandi esperienze immaginative che la razza umana
abbia mai avuto è stata l'esperienza caldea delle stelle, inclusi il sole e la luna.
Vorrei conoscere di nuovo le stelle come le conoscevano i Caldei, duemila anni
prima di Cristo. Vorrei poter mettere il mio ego nel sole e la mia personalità
nella luna e il mio carattere nei pianeti e vivere la vita dei cieli, come facevano i
primi Caldei. ... Dovremmo conoscere il sole come lo conoscevano i Caldei, in
un abbraccio formidabile. ... Ma la nostra esperienza del sole è morta, siamo
tagliati fuori. Tutto ciò che abbiamo ora è la forma-pensiero del sole. E' una
palla di gas fiammeggiante, ha macchie occasionalmente, a causa di una sorta di
indigestione, e ti rende marrone e sano se glielo permetti. I primi due fatti (sole
e macchie solari) li conosciamo”, aggiunge Lawrence, “perché gli scienziati,
chiamati astronomi, che osservano lo spazio con i loro potenti telescopi, così li
hanno descritti. E' ovvio, sono semplici forme-pensiero. Il terzo fatto, sull'essere
bruni e sani, lo crediamo perché i medici ci hanno detto che è così. Quindi
anche il terzo fatto è una forma-pensiero. E questo è tutto ciò che abbiamo,
povere cose, del sole. Due o tre forme-pensiero a buon mercato e inadeguate.
Dov'è per noi il grande e regale sole dei Caldei? Abbiamo perso il sole.
Abbiamo perso il sole e abbiamo trovato alcune miserabili forme-pensiero. Una
palla di gas ardente! Con macchie! Ti fa rosolare! Certo, non siamo i primi a
perdere il sole. Gli stessi Babilonesi iniziarono a perderlo. I grandi e viventi
cieli dei Caldei si deteriorarono già ai tempi di Baldassarre fino a
trasformarsi nel disco dalla cui osservazione, durante le lunghe e limpide notti,
provenivano le profezie dei cieli notturni. Ma quella era colpa dell'uomo, non
dei cieli. L'uomo si deteriora sempre. E quando si deteriora si preoccupa sempre
in modo eccessivo della sua fortuna e del suo destino. Quando gli uomini
diventano poveri nella vita, diventano ansiosi per la loro fortuna e spaventati
per il loro destino. Al tempo di Gesù, gli uomini erano diventati così ansiosi per
le loro fortune e così spaventati per il loro destino... ... e non puoi aspettarti la
tua fortuna finché non sei arrivato in paradiso; cioè fino a dopo la tua morte.
Questo è stato accettato da tutti gli uomini ed è stato il credo fino ai nostri
giorni, che ci ha fornito una grande quantità di forme-pensiero e ci ha portati in
una sorta di morte vivente. Quindi ora vogliamo di nuovo il sole. Non la pallina
di gas maculata che ti fa rosolare come uno spiedo di carne, ma il sole vivente e
la luna vivente dei vecchi tempi caldei. Ma dopo che abbiamo visto il volto
butterato della luna nelle fotografie scientifiche, dobbiamo accettare che per noi
è giunta la fine della luna? Penso di no. E' un gran colpo: ma la fantasia può
riprendersi. Anche se dobbiamo credere alla fotografia butterata, ... la
luna non è per questo un nulla morto. Ma è la luna che tira su le maree, è la luna
che controlla i periodi mestruali delle donne, è la luna che tocca i pazzi, e non è,
la luna, il semplice pezzo morto dell'astronomo. La luna! Artemis! La grande
dea dello splendido passato degli uomini! Mi dirai che è un pezzo
(astronomico) morto? Non è morta. Quando descriviamo la luna come morta,
stiamo descrivendo la morte in noi stessi (when we describe the moon as dead,
we are describing the deadness in ourselves). Quando troviamo lo spazio così
orribilmente vuoto, stiamo descrivendo il nostro vuoto insopportabile.
Immaginiamo che noi, poveri vermi con occhiali, telescopi e forme-pensiero,
siamo davvero più coscienti, più vitalmente consapevoli dell'universo di quanto
lo fossero gli uomini del passato, che hanno chiamato la luna Artemide o Cibele
o Astarte? Immaginiamo di conoscere davvero la luna meglio di quanto la
conoscessero loro? Disinganniamoci. Non pensare di poter sfuggire alla luna,
così come non puoi sfuggire al respiro. E' nell'aria che respiri. Come diventa
balbettante l'uomo quando è veramente intelligente e pensa di dare la
descrizione definitiva e finale dell'universo. I Caldei descrivevano il Cosmo
così come lo trovavano: magnifico. La nostra descrizione è vera? Nemmeno
per un momento… La descrizione dell'Universo è la risultante del nostro stato
d'animo. Dovremo cambiarlo. E quando lo avremo cambiato, cambieremo
completamente la nostra descrizione dell'universo. Non chiameremo la luna
Artemide, ma il nuovo nome sarà più vicino ad Artemide che a un grumo morto
di un globo estinto. Non recupereremo la visione caldea dei cieli viventi. Ma i
cieli torneranno in vita per noi e la visione esprimerà anche gli uomini nuovi
che siamo. E così il valore di questi studi intorno all'Apocalisse. Svegliano
l'immaginazione e ci danno in alcuni momenti un nuovo universo in cui vivere.
Possiamo pensare che sia il vecchio cosmo dei Babilonesi, ma non lo è. Non
potremo mai recuperare una vecchia visione una volta che è stata soppiantata.
Ma quello che possiamo fare è scoprire una nuova visione in armonia con i
ricordi di esperienze antiche, lontane, che giacciono dentro di noi. Fin dalla
prima infanzia ho avuto familiarità con il linguaggio apocalittico e l'immagine
apocalittica, anche se probabilmente non ho nemmeno ascoltato attentamente.
Ma il linguaggio ha il potere di echeggiare e riecheggiare nella mia mente
inconscia. E così il suono dell'Apocalisse si era registrato in me molto presto:
Ero nello Spirito nel giorno del Signore, e udii dietro di me una grande voce,
come di una tromba, che diceva io sono l'Alfa e l'Omega. Io non conoscevo il
significato, ma ai bambini spesso preferiscono il suono al senso. Alleluja: per il
Signore Dio onnipotente.
L'Apocalisse ha un'intima connessione con i miti stellari e il movimento dei
cieli astrologici: una sorta di significato stellare sommerso. La ricerca moderna
ha saputo ricollocare la Bibbia nelle sue connessioni viventi, ed è splendida:
non più il libro ebraico morale, ma un racconto affascinante dell'avventura
dell'ebreo tra le grandi antiche nazioni civilizzate del passato ...
E anche l'Apocalisse, presumibilmente l'ultimo dei libri della Bibbia, prende
vita con una nuova grande vita, una volta che guardiamo i suoi simboli...
Il testo conduce con estrema disinvoltura nel grande caotico mondo ellenico del
I Secolo: ellenico, non romano. Ma i simboli portano molto più indietro.
L'Apocalisse ha un vecchio schema astrologico. Gli accenni sono troppo
evidenti e troppo splendidi: come le rovine di un antico tempio inglobato in una
cappella cristiana.
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