La piccola Isabella, già dai primissimi giorni di vita - era nata a marzo del 1918 - denotava uno stato di salute cagionevole; una febbriciattola accompagnata da continui pianti che non davano tregua né alla giovanissima mamma né alla neonata che faticava sempre più a riprendere fiato. Uno strazio.
Sempre più spesso interveniva in soccorso di Filomena la nonna materna della piccolina.
Si fece ricorso inutilmente - superfluo sottolinearlo - ai riti antichi legati alle superstizioni popolari.
Queste remote usanze -vere e proprie cerimonie semi-religiose - ancorché osteggiate dalla Chiesa in maniera decisa con il ricorso anche alla scomunica degli officianti e dei richiedenti il loro nefasto intervento, erano sopravvissute e continuavano ad avere un notevole seguito.
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Il rito prevedeva una serie di azioni, compreso quella della benedizione laica dell'acqua contenuta in un bicchiere e il successivo utilizzo di chicchi di grano e cristalli di sale grosso fatti cadere nell'acqua. Contemporaneamente venivano recitate antiche formule d'invocazione. A seconda della posizione che il grano e il sale prendevano sul fondo del bicchiere, se ne deduceva il fatto che il piccolo malato fosse stato o meno colpito dal malocchio. In questo caso si ricorreva a una serie di litanie e formule di invocazione ai santi e di scongiuro (brebus) che fungevano anche quale formula per la benedizione di particolari amuleti da mettere al polso o al collo del colpito da s'ogu malu.
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Il medico di Montecciu, dottor Sanna, prescrisse piccole dosi di chinino per un'intera settimana, ma la piccola non dava segni di guarigione.
Il suo debolissimo fisico cedette all'inizio di maggio.
Nessuno ... aveva un'idea della causa dl decesso.
Nessuno poteva immaginare che si era di fronte a un'avvisaglia dell'epidemia spagnola che nei successivi sei mesi avrebbe falciato una moltitudine di vittime, soprattutto giovani e bambini
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