"La Sardegna è un’altra cosa (rispetto all’Italia)... uno spazio attraente e sconfinato, con le sue distanze senza una fine. E’ sinonimo di libertà”. Così annotava David Herbert Lawrence nel suo resoconto del viaggio compiuto in Sardegna nel 1921 in compagnia della sua “ape regina” (Frieda Richthofen, sua moglie) . Nelle duecento pagine di Mare e Sardegna, D.H. Lawrence non cita una sola volta i nuraghi: comprensibile e voluta omissione in quanto lo scrittore inglese non si era sobbarcato la fatica e le scomodità del viaggio in Sardegna per ammirare il patrimonio artistico e archeologico dell'isola. Il motivo principale di quella brevissima vacanza era stato piuttosto il desiderio di fuggire, almeno per un po', dalla "classicità" dei paesaggi italiani. L'isola manteneva, agli occhi dello scrittore inglese, un'anima nessuna età, nessuna razza: niente da offrire. Una terra dove si poteva respirare la libertà, con i suoi spazi apparentemente senza confini, con il suo paesaggio incontaminato, fortunatamente ancora al di fuori della modernità e dell'industrializzazione che avevano ormai intrappolato buona parte dei paesi europei.
"E' un qualcosa per parecchi versi ancora misterioso o difficilmente esplicabile, questo pullulare di torri in ogni parte dell'isola, dalle coste alla montagna...; questo adattarsi di una forma costruttiva rimasta nel nucleo simile a se stessa..." scriveva il celebre archeologo Giovanni Lilliu (Sardegna nuragica - Edizioni Il Maestrale 2006). "I nuraghi sono edifici straordinari. Chi non li ha visti con i propri occhi difficilmente se ne può fare un'idea. Sono torri che servivano probabilmente sia da abitazione sia da fortezza; formavano una rete che copriva l'Isola ed erano disposti con un criterio di interconnessione, in modo da poter fare segnalazioni dall'uno all'altro. Furono costruiti a partire da 3800 anni fa, per almeno 1000 anni" (Luca e Francesco Cavalli- Sforza: Chi siamo - La storia della diversità umana - Arnoldo Mondadori Editore 1993). Sicuramente i nuraghi rappresentano, meglio di qualunque altro edificio antico o remoto, la Sardegna, ma la storia dell'isola è qualcosa di più che il solo periodo nuragico. Nel lungo procedere verso la cosiddetta Civiltà, i sardi sono probabilmente rimasti isolati per decine di secoli, ma con il perfezionamento delle tecniche di navigazione e dell'ingegneria navale, si è accentuato il loro coinvolgimento negli spostamenti e nelle migrazioni delle popolazioni mediterranee, e non solo di quelle. L'isola, al centro del Mediterraneo occidentale, a partire dalla fine del III millennio a.C. è diventata sempre più crocevia dei traffici che i popoli del bacino orientale del Mediterraneo intensificarono alla ricerca di minerali e di occasioni per lo sviluppo della loro attività commerciale. In Sardegna si affacciarono i Micenei, i Fenici, gli Etruschi, i Greci, e chissà quanti altri ancora alla ricerca della preziosa ossidiana, dei minerali o semplicemente per stabilire dei fondachi, delle basi per il rifornimento (acqua e cibo) delle loro navi. La civiltà nuragica mai arrivò al perfezionamento di un'organizzazione urbana che sola, forse, avrebbe potuto sfociare in una visione nazionale più ampia, necessaria per fronteggiare le mire di conquista che nel tempo si sostituirono alla pacifica invasione commerciale dei primi visitatori. (segue)
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